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La Sicilia è un luogo da mille volti, ma esiste anche una Sicilia che consideriamo nostra. Si compone di strade, colori e odori dispersi nell’aria.

Territorio

La Sicilia è un luogo da mille volti, ma esiste una Sicilia che consideriamo nostra. Si compone di strade, colori e odori dispersi nell’aria. E’ fatta di campagna e di roccia, quella dei Monti Iblei, la parte forse meno conosciuta di tutta la regione. Amiamo le cave di spettacolare bellezza che si aprono improvvisamente nell’orografia delle montagne, i canyon, le grotte; il fatto che ci siano necropoli e catacombe nascoste tra la vegetazione. Amiamo la strada che si snoda lungo l’altopiano tra i boschi di querce e alloro dei colli Corrado, Pendente, Selvaggi, e la vista che spazia fino ai profili del Bollarito e del Patro. Ci meravigliamo ogni volta della bellezza umile dei muretti a secco. Muretti come opere d’arte che danno grazia geometrica alle montagne, in contrasto con la natura transitoria della roccia calcarea di queste zone. E nello stesso modo, continuiamo a meravigliarci delle bellezze barocche, come Ragusa, Modica, Scicli, Palazzolo Acreide e la Val di Noto, che interrompono all’improvviso l’asperità dei monti con il loro splendore architettonico. Qui ci sono i lecci, gli ulivi e i carrubi. C’è la forza della natura, e della roccia che si sbriciola come “giuggiulena” degradando verso il mare. Qui si trasformano in scogli affioranti o in dune insormontabili, all’ombra delle quali una volta crescevano le vigne. Chilometri di sabbie e spiagge che ci portano direttamente in Africa, in fondo così vicina. A quella sabbia del deserto del Sahara che nelle giornate di Scirocco arriva sin qui.
Qui c’è il vento e la ruvidità di odori e aromi.
Tutti ingredienti trasmessi nei nostri vini.

E poi qui c’è la città di Vittoria. Nata solo nel 1607 al centro del feudo Boscopiano, vicino alla valle dell’antico fiume Ippari, su cui si affaccia con un magnifico belvedere. Città fondata da Vittoria Colonna de Cabrera, contessa di Modica e figlia del viceré di Sicilia, durante la denominazione spagnola (1558-1633), nata apposta per il vino. Vittoria Colonna de Cabrera iniziò la costruzione di una nuova città, per l’appunto Vittoria, oggi in provincia di Ragusa. Invitò dei coloni a popolare e coltivare quelle terre allora disabitate e per incentivarli promise loro di regalargli un ettaro di terra ma a condizioni che la coltivassero a vigneti. Da qui la produzione del vino che poi divenne il Cerasuolo di Vittoria e che fu prodotto fino all’Ottocento, quando la fillossera spazzò via la comunità vinicola. Un vino che scompare per alcuni decenni e torna poi nelle coltivazioni solo negli anni ‘50 miscela di “calaurisi” e “rrappato”(Nero d’Avola e Frappato). Non è di certo il 1600 l’anno in cui si comincia a coltivare i vitigni in questa zona: infatti numerosi documenti testimoniano che già nel III secolo a.C. la coltivazione delle vigne era pratica consolidata. Questa storia iscritta nella terra, nella campagna disseminata di bagli e palmenti, e in questa città di pochi monumenti (come la Basilica di San Giovanni Battista e la chiesa di Santa Maria delle Grazie). Città nata per dare ordine alla campagna e dalla campagna a sua volta creata e, nei secoli, abitata da genti di ogni parte, provenienti da tutta la Sicilia, dalla Calabria, persino da Malta; dove da subito nacque la figura del produttore vinicolo. Come se la vite fosse qualcosa che si respirava nell’aria fin dai tempi lontani. Ossigeno, storia, e sempre comunque nuova vita.
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