“Noi non ereditiamo la terra dai nostri avi, ce la facciamo prestare dai nostri figli.” Amo questa frase di Saint-Exupéry. Mi ha sempre guidata nella mia attività di produttrice. E infatti parto sempre dall’idea che la terra sia solo un dono. Ho il dovere di lasciarla a chi verrà dopo di me sana, curata, amata. Mi piace quella frase perché si lega a quello che sono io, al mio modo di lavorare, e nello stesso tempo mi lancia verso il futuro.
Noi non ereditiamo
la terra dai nostri avi,
ce la facciamo prestare
dai nostri figli.
Di stagione in stagione la terra mi parla, mi ascolta, mi risponde. Il nostro è un dialogo silenzioso e autentico. È per questo che non ho “una formula”, ma delle convinzioni che nascono dall’esperienza. Prima di ogni altra cosa, credo in un rapporto rispettoso con la terra: un contatto diretto che si trasforma in conoscenza profonda. Credo che ci sia un equilibrio, quello della natura, da rispettare in ogni gesto: dalla coltivazione e dalla potatura - che deve essere netta, pulita- fino alla lavorazione del frutto. Equilibrio che si può riassumere così: da un’uva buona viene un vino buono. Sì, per certi versi il mio vino può essere considerato biologico. Preferisco lavorare la terra a mano e uso unicamente uve cresciute organicamente, senza l’uso di pesticidi, fungicidi, erbicidi, fertilizzanti chimici o sintetici. Considero una ricchezza le essenze spontanee che crescono in vigna e aiutano il terreno ad ossigenarsi e ad alimentarsi. E così uso i sovesci: pianto il favino o delle graminacee nel terreno della vigna per poi ribaltarle nel periodo primaverile. In vigna cerco poi di rispettare le piante intorno che sono una risorsa. Mantenere la biodiversità, non disturbare l’equilibrio naturale delle cose. Mi piace mantenere i vecchi cloni di queste uve, la selezione massale e l’innesto in campo. La vigna in questo modo è più resistente, più robusta e porta dentro di se la trama di un passato e la forza per il futuro Anche la raccolta viene fatta a mano. L’uva viene selezionata prima in vigna e poi in cantina, solo in questo modo posso scegliere i grappoli migliori, più sani e più maturi. Se la cura della vigna è fatta con attenzione, il passaggio in cantina diventa più semplice e richiede molti meno interventi. Uva sana, fermentazioni spontanee, lieviti indigeni, bassissimo contenuto di solforosa.
E poi l’assaggio. Assaggiare in cantina e fuori mi fa conoscere ancora meglio i vini, riflettere sulla annata e pensare alla prossima. Non amo etichettare i vini che facciamo secondo dei metodi. Il mio è sicuramente un vino naturale, ma ancor prima è un vino di territorio. Nato dall’amore costante di chi lo ha fatto. Nato dal rispetto del terreno e della vigna. Da un terreno rispettato nasce un vino rispettoso: rispettoso delle sue unicità e di chi lo berrà perché è un vino sano, sincero, che non fa male. Ma anche un vino buono. Nato dall’amore costante del suo produttore.